di Carlo Spinelli
Ricordiamolo e ribadiamolo ben bene: la cucina molecolare non vuol dire trasformarsi in alchemici druidi cucinieri e smanettare abilmente tra alambicchi, polverine magiche e ingredienti plastici e iperrealisti da film di David Cronenberg. Poco più di dieci anni fa la cucina molecolare è nata per la pura esigenza di codificare un linguaggio preciso e universale, e per cercare di rivedere le prospettive culinarie al microscopio, studiando attraverso la scienza le tecniche nuove applicate alla cucina tradizionale. Sì, il complicato concetto risiede in questa semplice frase.
Al suo lancio mediatico la cucina molecolare creò scompiglio, diffidenza, anche orrore e repulsione, poiché alcuni le hanno anche affibbiato epiteti poco rassicuranti come “cucina chimica” o “gastronomia non salutare”, sbagliando clamorosamente perché a cambiare le carte in tavola non erano gli ingredienti, ma le tecniche d’utilizzo degli stessi ingredienti. Per esempio, cuocere nell’alcol o negli zuccheri, al posto dei classici grassi come olio e burro, poteva aiutare a mantenere meglio il sapore primo e primordiale, invece di contaminarlo con i classici e tradizionali olio e burro?
Risponde Ettore Bocchia, uno dei più grandi chef d’alta cucina in Italia e uno dei fondatori della cucina molecolare.
“La cucina molecolare ha cambiato il modo di pensare la cucina stessa. Nel 2002 è iniziato l’anno zero della nuova cucina, un pensiero più consapevole e istruito nei confronti delle reazioni fisiche all’interno del mondo del cucinare. Prima si faceva la “carbonara” e non si riusciva a dare una risposta: ora invece si sa che l’uovo coagula a 65°C per l’albume e a 71°C per il rosso tuorlo. Quindi, per creare quell’effetto cremoso della pasta alla “carbonara” e non usare altri grassi, lo spaghetto non deve superare i 71°C. Per scrivere nella pietra questo concetto così essenziale per la quotidianità mangereccia dell’italiano medio, ripeto: per far sì che la carbonara diventi cremosa, la temperatura dello spaghetto non deve superare i 71°C. Questo aiuta anche a non ingrassare, perché si eviterebbe di aggiungere materia grassa come burro od olio, sapendo quindi che la coagulazione dell’uovo è quella e che la gelificazione dello spaghetto avviene secondo canoni ben precisi scientificamente in base alla granulometria, all’essiccazione e alla qualità delle farine usate”.
Ettore Bocchia ha istituzionalizzato la cucina molecolare proprio nel 2002, insieme ad altre grandi personalità: il chimico francese Hervé This, il cuoco francese Pierre Gagnaire, lo scrittore americano Harold McGee, il cuoco inglese Heston Blumenthal, Davide Cassi docente di fisica della materia all’Università di Parma e Vincenzo Brandolini docente di chimica alimentare all’Università degli studi di Ferrara. Ma non solo: hanno partecipato a questa rivoluzione gastronomica anche chimici e fisici dell’Università di Cambridge, per cercare in definitiva di applicare e codificare un linguaggio unico su determinate lavorazioni culinarie e tecniche di cottura. I temi di studio furono dapprima il rapporto tra il tannino del vino rosso e il pH della saliva umana, la perfetta marinatura delle acciughe, la temperatura ideale all’interno di un soufflé … Ma oggi, nella vita quotidiana di tutti i giorni, nell’anno Domini 2014, che fine ha fatto la cucina molecolare?
“Oggigiorno abbiamo smesso di parlare di cucina molecolare perché ormai la stanno utilizzando tutti. È diventata consuetudine non solo nei ristoranti. La cucina è tutta molecolare, ormai l’hanno capito anche i muri: le preparazioni gastronomiche sono infatti continue reazione chimiche e fisiche, un gioco universale di trasformazione di amidi e zuccheri, proteine, gel, bolliture di liquidi. Il lavoro arduo è stato all’inizio quello di commutare gli studi scientifici dei ricercatori della gastronomia molecolare in vera e applicabile cucina molecolare. Quest’operazione, svolta con le università di Parma e Ferrara, la si può ancora trovare nel mio menu degustazione al ristorante Mistral in Villa Serbelloni a Bellagio: piatti creati mediante il raffreddamento con l’azoto liquido, la coagulazione delle proteine dell’uovo, la lavorazione con la lecitina di soia, la cottura del pesce negli zuccheri, con l’inulina al posto dei grassi comuni per raggiungere un risultato organolettico più leggero e buono. Io credo dunque che ormai la cucina molecolare sia entrata nella testa e nei ristoranti dei cuochi professionisti, ma anche in quella delle persone comuni che amano cucinare con grandi prodotti le ricette della tradizione. Sul sito I Fiori del Male racconto a tutti come si cucina “molecolarmente” la cotoletta, l’uovo fritto, il gelato che non si squaglia, gli spaghetti perfetti. Un piccolo passo in cucina per un grande passo della gastronomia umana!”.
Se ormai la cucina molecolare è entrata definitivamente nel concetto di “consuetudine gastronomica”, un’altra domanda sorge spontanea: e che ripercussioni avrà sul futuro? “Il futuro è già cominciato: lo studio scientifico della cucina ha scatenato un effetto a catena virtuoso che va a coinvolgere tutta la filiera dell’alimentazione. Se la cucina molecolare ha edificato a totem l’eccellente materia prima (se si usano tecniche nuove, il sapore del prodotto si sente meglio; quindi è necessario utilizzare ingredienti eccezionali, ndr), anche gli agronomi e gli zootecnici hanno dovuto tenere il passo di tale tendenza positiva. La scienza entra quindi di prepotenza anche nel domandarsi perché un terreno non produce frutta e verdura all’altezza, o perché un capo di bestiame non ha quel sapore eccelso (quindi è stato allevato e nutrito male, ndr). La cucina molecolare sta paradossalmente tornando alla terra, all’origine del gusto adamitico. Un rapporto privilegiato con il prodotto e la terra. Il futuro allora? Lo chef molecolare dovrà collaborare direttamente con l’agricoltore e l’allevatore, li deve aiutare a crescere e migliorare. Ricordiamoci di un sillogismo ben determinato: la scienza viene applicata alla tecnica, ma la scienza la applicano gli uomini. Ricordiamoci”.
Come la Nouvelle Cuisine in Francia – creatanel 1973 per merito dei critici Henri Gault e Christian Millau – segnò una vera rivoluzione, parimenti la cucina molecolare ha segnato un’epoca dal 2002: applicare nuove tecniche alle antiche ricette, per esaltare le proprietà nutritive e organolettiche dei singoli ingredienti. Si discute quindi di una rivoluzione tecnica che ha innescato una rigenerazione culturale, anche in mondi estranei a quello culinario. Una nuova scoperta del fuoco, rubato dapprima agli dèi da Prometeo ma consegnato poi ad Alberto Magno, il santo protettore degli scienziati. Ed Ettore Bocchia, dopo poco più di dieci anni, è fiero della propria rivoluzione e se la ride di gusto: prima molti lo schernivano per le sue idee, adesso quasi tutti non riescono a fare a meno delle sue idee.
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