di Viviana Devoto
Sono i propositi per l’anno a venire. Una sorta di manifesto d’intenti, qualcosa che ha a che fare con una frivolezza, come iniziare una dieta, e altri spunti che vanno a colpire confessioni più profonde: sentimentali, o con grandi ambizioni di crescita. #Newyearsresolution è l’hashtag che correrà sulle tastiere prima della fine dell’anno (in America e poi a macchia d’olio). Ha iniziato Barack Obama sdrammatizzando la sua conferenza di fine anno a Washington, nella fase più difficile del suo mandato: “Il mio proposito per il 2014? Essere più gentile con la stampa della Casa Bianca”, ha ironizzato. E’ un augurio per se stessi, un modo per guardare quanta strada è stata percorsa.
Nell’anno del boom delle startup, e del diniego più famoso dell’anno, quello di Snapchat che ha rifiutato l’offerta di tre miliardi di dollari, il proposito del suo Ceo, Evan Spiegel, è tra i più geniali. Ventitré anni, dopo essersi iscritto a Standford aveva realizzato di voler lavorare a tempo pieno al sogno della sua application. Addio all’università. Finanze ed energie dentro al suo progetto. Tornó a vivere a casa del padre: “E ci vivo ancora adesso finché non mi caccia. Ma forse è il momento di cambiare”, ha detto all’Associated Press.
L’azienda di Menlo Park nel frattempo è valutata 4 miliardi di dollari: Spiegel è senz’altro il bamboccione d’oro della Silicon Valley. Mark Zuckerberg ha scritto di suo pugno il progetto filantropico che, dice, “è una delle più grandi sfide della nostra generazione”. Connettere la parte di mondo che è fuori dalla Rete: “Per nove anni, siamo stati in missione per collegare il mondo. Ora colleghiamo più di un miliardo di persone, ma per per permettere di connettersi ai restanti 5 miliardi dobbiamo risolvere un problema molto più grande: Facebook sta lavorando per coinvolgere la stragrande maggioranza delle persone che non ha accesso a Internet. La nostra industria può lavorare insieme per collegare i prossimi 5 miliardi di persone”.
I fondatori di Instagram, Mike Krieger e Kevin Systrom, che hanno appena festeggiato il lancio della messaggeria diretta, si sono ripromessi, invece, di seguire l’istinto, come hanno fatto negli ultimi anni di fortune, fino alla cessione favolosa a Facebook: “Sentire “no” un sacco di volte di solito ti fa sentire che sei pazzo o che sei sulla strada giusta. E non si sa quale sia fino a che finalmente arriva” .
E mentre Bitstrips, l’applicazione di avatar collegata a Facebook, lavora alle vignette per i propositi dall’anno nuovo, il Ceo Jacob Blackstock ragiona su come rafforzare la nave (a bordo 17 persone, un boom di popolarità improvviso) e monetizzare il futuro: “Vediamo Bitstrips come un nuovo mezzo per comunicare se stessi. E sul futuro siamo aperti a qualunque possibilità”.
Lo sguardo al domani di Jeff Bezos, Ceo di Amazon sarebbe di doppiare l’anno formidabile appena trascorso (incluso l’acquisto del Washington Post). Ma con i tempi dovuti: “Se vado indietro nel tempo di diciotto anni stavo ancora distribuendo da me i pacchetti dall’ufficio postale. Quando facevo io le consegne una delle mie visioni di successo era che un giorno saremmo stati abbastanza grandi da poterci permettere un carrello elevatore per le consegne”. Oggi Amazon vale 25 miliardi di dollari.
L’anima di Twitter, il rapido Jack Dorsey (che ha da poco inaugurato il nuovo avveniristico, quartier generale nel centro di San Francisco), ha già fatto qualche mossa sentimentale prima della fine dell’anno donando il dieci per cento delle azioni di Square ai suoi dipendenti. Una mossa genuina (e senz’altro utile per la sua immagine pubblica). “Non che non possa permetterselo”, ha scritto The business journal, “la sua partecipazione su Twitter vale 1.5 miliardi. Ma – hey – non è il pensiero che conta?”.
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