I Data Center di domani promettono notevoli incrementi a livello di efficienza energetica per ridurre sensibilmente i consumi.
La diffusione del Cloud Computing assorbe oggi più di un terzo delle attività complessive dei data center, che rappresenta il cuore pulsante della maggior parte dei servizi digitali oggi disponibili. Le server farm di prossima generazione promettono notevoli incrementi a livello di densità energetica per dare un aiuto alla riduzione dei consumi, ma non tutti i problemi sono risolti. «Nonostante il cloud – spiega Fabrizio Granelli, professore associato presso l’Università degli Studi di Trento e distinguished lecturer della Ieee Communications Society – rappresenti un ottimo bilanciamento costi-prestazioni grazie a sofisticate tecniche di virtualizzazione delle risorse, il consumo energetico dei data center a esso associato è enorme. Parliamo mediamente di 50 megaWatt, suddivisi in equa misura fra il raffreddamento continuo degli apparati e l’architettura di elaborazione vera e propria». Un dato che non a caso ha esortato i grandi attori del computing nella nuvola (Apple, Google, Amazon, Microsoft, Ibm tra gli altri) ad adoperarsi per rendere i data center più “green” ed efficienti. «Dal punto di vista energetico – precisa Granelli – questo significa lavorare su due fronti: lo studio di tecniche di raffreddamento più efficaci, anche ad aria e acqua, includendo la disposizione delle apparecchiature, e l’utilizzo di fonti rinnovabili.
Google ha studiato inoltre tecniche alternative quali la sospensione in aria dei server e l’utilizzo di container sigillati a cui è sufficiente collegare alimentazione elettrica e fluido di raffreddamento». L’introduzione di fonti rinnovabili per la generazione locale di gran parte del fabbisogno necessario per far funzionare un data center è una frontiera già raggiunta da Apple a Maiden, in North Carolina, dove opera una server farm alimentata totalmente con energia prodotta sul posto tramite celle a carburante biogas e due solar farm da 20 megaWatt ciascuna. Con i circa 167 milioni di kWh prodotti nel suo data center, Apple è l’azienda privata con la più grande installazione di energie rinnovabili degli Usa. Sulla stessa strada si sta ora muovendo anche Amazon, che ha annunciato di recente come la sua infrastruttura cloud sarà “verde” al 100%, e quindi integralmente basata su energia rinnovabile. Google, che alimenterà interamente con energia eolica il nuovo data center che costruirà in Olanda, e Facebook, il cui centro dati in Svezia già risponde ai canoni di sostenibilità dell’Open Compute Project, sono già a buon punto. Se il cloud, come enfatizza il Ceo di Amazon Jeff Bezos, è intrinsecamente più ecologico rispetto ai sistemi di calcolo tradizionali (ricordando come l’infrastruttura di data center della maggior parte delle singole imprese non sia pienamente utilizzata), pensare a una rete internet sempre più verde è l’auspicio di tutti. L’impatto attuale della rete sul totale di emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera da parte dell’uomo è infatti compreso fra il 3 e il 5%. Come ci ricorda Granelli, «il volume di dati trasmessi sul web aumenta di un fattore dieci ogni cinque anni e questo dato rende evidente il problema di contenere l’impatto ambientale di internet agendo principalmente sull’efficienza energetica». Dove? Sulle infrastrutture in fibra ottica che alimentano le autostrade telematiche (le tecnologie di tipo software defined networking consentono una gestione più flessibile del traffico dati) e sulle reti mobili di nuova generazione (e relativi data center), cui si deve la gran parte dei consumi.